La Repubblica rende omaggio a Tiziana Rinaldi, talento letterario di Sala Consilina “innamorata del mondo”

Per chi ha avuto la fortuna di conoscerla non desta meraviglia che il quotidiano La Repubblica abbia dedicato due pagine del suo inserto domenicale alla scrittrice (ma il termine è riduttivo) originaria di Sala Consilina Tiziana Rinaldi Castro.

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Si tratta di un articolo molto particolare, sia perché Tiziana Rinaldi ne è allo stesso tempo autrice e protagonista, sia per il tema di certo originale esplicitato già dal titolo: “Scrivere in un’altra lingua”. Tiziana è infatti già autrice di due romanzi, “Il Lungo Ritorno” e “Due cose amare e una dolce”, che aveva scritto in lingua italiana.

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La sua terza opera (titolo provvisorio The unbecoming coat”, che in italiano potrebbe essere tradotto “Il cappotto brutto”), è stata invece interamente scritta in lingua inglese. L’articolo pubblicato da La Repubblica esplora i motivi di questo “atto d’amore” nei confronti della lingua inglese, che ovviamente non è la lingua madre di Tiziana, in parallelo con il percorso simile e opposto compiuto dall’amica e scrittrice Jhumpa Lahiri, che invece è di origini inglesi ed ha scritto nel 2014 in lingua italiana il romanzo “In altre parole”.

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Ma l’articolo è anche una occasione per Tiziana Rinaldi per analizzare l’evoluzione del suo rapporto con la sua terra d’origine, il Vallo di Diano, e con i sui affetti e le sue amicizie rimasti in Italia, a distanza di 32 anni dal sul trasferimento a New York. Dove la scrittrice di Sala Consilina si è perfettamente integrata, e nella vita di tutti i giorni insegna Letteratura Greca Antica alla Montclair State University, presso il dipartimento di Studi Classici. Chi ha avuto la fortuna di conoscere e frequentare Tiziana prima della sua partenza per gli USA sa bene che il suo pensiero correva a velocità stratosferiche, ed era evidente che la sua naturale curiosità e voglia di conoscere il mondo e la vita la avrebbero portata altrove.

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L’irriquietezza giovanile derivava da un’apertura mentale non comune, e dall’impossibilità di accettare a scatola chiusa schemi che per la maggior parte di noi, suoi coetanei, erano scontati. Per Tiziana non lo erano, e fino un certo punto per abbattere distanze e barriere ha utilizzato il pensiero, l’intelletto e la fantasia: a 16 anni disquisiva di massimi sistemi, di politica, filosofia e letteratura in modo non “scolastico” e banale ma profondo e originale, mettendo puntualmente in difficoltà quasi tutti gli interlocutori. Non solo quelli della sua età ma anche gli adulti, inclusi i malcapitati docenti al Liceo Classico M. T. Cicerone.

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Erano altri tempi, l’inizio degli anni ’80, e il mondo non era ancora un villaggio globale, le distanze non erano ancora annullate dal web e dai social network. I temi dei migranti e dell’integrazione erano lontani dall’Italia e dall’Europa. Tiziana Rinaldi era tra i precursori di una nuova era, ed a un certo punto il Vallo di Diano non le è più bastato: le sue domande senza risposta e le sue ricerche l’hanno condotta lontano.

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New York è stata una meta naturale per lei, che amava la letteratura e la poesia americana: “Ero partita a diciotto anni, e avevo promesso che il mio sarebbe stato solo un viaggio -racconta- ma non sono più tornata”. C’è un punto nodale dell’articolo pubblicato su La Repubblica nel quale Tiziana Rinaldi spiega il motivo per il quale ha aspettato tanto per iniziare a scrivere in inglese: “Mi sono data il permesso -chiarisce- quando è morta mia madre. Non è stato un passaggio immediato ma chiarissimo… Mia madre non conosceva l’inglese, la separazione tra noi sarebbe stata totale. Ecco perché solo dopo la sua morte sono emerse le parole in questa lingua”.

TIZIANA RINALDI CON LA MAMMA

Tutti a Sala Consilina e nel Vallo di Diano ricordano ancora con affetto e stima la mamma di Tiziana, la notaia Agnese Bruno Rinaldi venuta a mancare nel mese di Luglio del 2010. A Sala Consilina abita ancora il fratello di Tiziana, Walter, con la sua famiglia. Sua sorella Katya al momento abita a Bologna, dove risiede anche l’altro fratello, Stanislao. “Sono stata in Italia l’ultima volta nel gennaio del 2015 -racconta Tiziana- e verrei anche più spesso, ma l’insegnamento a New York e un grosso progetto in Colorado, il recupero di un ranch e la sua trasformazione in un ritiro per artisti e in una fattoria biologica, mi impediscono di spostarmi come vorrei. Il mio rapporto con Sala Consilina, con il sud e con l’Italia in genere è molto profondo, ma non potrei tornarci a vivere ora -sebbene nessuno può programmare il proprio futuro a lungo termine- perché la mia famiglia e i miei affetti sono qui. Mio marito è qui, il mio lavoro è qui. Sono vissuta qui a New York per la maggior parte della mia vita adulta, conosco questo mondo che ho scelto e nel quale mi muovo con agilità”.

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Tiziana è sposata con J.T. Lewis, batterista, che ha un suo trio di musica metal jazz, che si chiama Harriet Tubman, insieme con il bassista Melvin Gibbs e il chitarrista Brandon Ross.

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Ha suonato con leggendari musicisti jazz e rock. Le figlie di Tiziana sono Dafne Petrizzo e Alchesay Rinaldi Castro, ed hanno rispettivamente 31 e 23 anni.

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“Dafne -spiega Tiziana Rinaldi- lavora nell’immobiliare e sta finendo un Master in Business Administration. Abita a New York, e dunque ci vediamo spesso. Alchesay studia Filosofia dell’Arte a Berlino, in un’università americana, ed è quella più legata all’Italia, dove vive quando non è a Berlino.

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Infatti è residente a Sala Consilina ed è spesso lì, quando può allontanarsi dagli studi. Per esempio sarà lì fra un paio di settimane per imparare dagli zii in montagna le tecniche di lavorazione delle erbe in creme e sapone, per la nostra fattoria in Colorado”. L’Italia è dunque per Tiziana Rinaldi anche l’altra faccia della sua “scelta gioiosa”, ne è l’ombra, la ferita che non si rimargina. “Ho affetti profondi -conferma Tiziana- che sono lì: i miei fratelli, i cugini, gli amici di infanzia, i miei morti più cari. Ma con le persone che si amano, in un modo o nell’altro si rimane in contatto, e ora, con i social network, sempre di più, anche quotidianamente, e la nostalgia in parte si acquieta. Allora l’Italia e Sala Consilina diventano altro: le cose che non si possono avere se non tornando, e che poi, anche tornando, sono come una rosa chiusa in un libro del passato, e ti strappano il cuore, perché se la prendi in mano la rosa si sgretola fra le dita. E così per esempio io da tempo ho smesso di fare quello che tanti italiani fanno all’estero, circondarsi di italianità in modo ossessivo: il miglior pecorino da quello lì, il più pregiato olio d’oliva da quello là, la pasta fresca solo lì, il parmigiano d’oc qua, i vestiti d’importazione. Consumare mezzo stipendio e pomeriggi sani per far finta di essere a Roma. Non mi interessa, lo trovo patetico, irritante persino. E così non cerco niente dell’Italia, un po’ perché sono innamorata di tutto il mondo e mi sembra un privilegio essere esposta a tanta generosità in una città cosmopolita come New York, un po’ perché dell’Italia mi manca quel che non si può ripetere altrove: la luce che dal porpora volge al  viola del Vallo di Diano al crepuscolo, l’odore della terra dopo la pioggia, che c’è anche qui ma non è la stessa terra e allora non odora uguale; il vento nostro che ci porta il profumo dei camini, Via San Gregorio Armeno a Napoli, Via Giulia a Roma, le campane a festa dappertutto, e certo anche la pizza, ma a Napoli, o le lagane e ceci, ma a Sala. A me manca mia madre, che è morta, e mi manca la Madre terra, che non si può spostare fin qua. Sicché, con tutta onestà, chi se ne frega della mozzarella a New York?”.

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Tiziana spiega che quando scrive in inglese pensa in inglese, e quando scrive in italiano pensa in italiano. Infatti è il pensiero che guida la scrittura in una lingua o nell’altra. “The unbecoming coat -evidenzia- è venuto in inglese ed è per questo che l’ho scritto in quella lingua. Non avrebbe senso sforzarsi a scrivere in una o nell’altra. Non so se questo altalenarsi fra le due lingue continuerà, probabilmente sì, se continuerò ad avere rapporti con entrambi i paesi, come spero. L’Italia resta per me il luogo dell’anima, l’America quello del cuore. Si segue sempre il cuore, è istintivo farlo, non ci sono remore, soprattutto quando si è giovani. E io ho amato l’America con gioia, e l’ho fatta mia come si fanno proprie le conquiste della giovinezza, senza rimpianti. Ma l’Italia è l’inizio della vita e quindi la porta d’entrata nel mondo che si sceglie. E con un po’ di fortuna, quella d’uscita. Si tenta sempre un ritorno verso il luogo dell’anima. Uno di questi tentativi per me è rimasto, testardamente, la lingua. Dopo 32 anni in America, con una totale immersione intellettuale in questo paese, in fondo quello che è sorprendente non è il fatto che io scriva in inglese ma piuttosto che scriva ancora in Italiano”.

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E proprio in Italia infatti uscirà nella primavera del 2017 un altro romanzo di Tiziana Rinaldi scritto in italiano, con titolo provvisorio “Come della rosa”. “È un romanzo -anticipa Tiziana- ambientato alla fine degli anni ‘80 tra New York, la nostra terra, e il deserto di Sonora dell’Arizona, ed è la storia drammatica della straordinaria amicizia tra un trafficante d’armi cubano coinvolto nella rivoluzione salvadoregna, una giovane donna italiana alla ricerca di una casa interiore e una veneranda maestra barbadiana, Madre di un tempio Yoruba ad Harlem che gli indica un percorso di realizzazione”. Per quanto riguarda il romanzo scritto in lingua Inglese, “The unbecoming coat”, tratta i tre temi più dolorosamente cari a Tiziana, e apparentemente separati fra loro ma in questo romanzo fatalmente intrecciati: la guerra con la sua mitologia e la sindrome da stress post traumatico; la transculturalità e il rapporto con la propria identità quando si è lontani da casa; ed infine la questione razziale, in America mai risolta, le terribili disparità sociali che ci sono in questo paese in nome della razza, la violenza delle forze dell’ordine contro le minoranze, la legge mai equanime. “È stato faticoso e liberatorio scriverlo -assicura Tiziana- e non immaginavo quanto fosse importante per me chiarire la mia posizione rispetto a queste cose”.

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2 risposte

  1. Giuseppe Colucci ha detto:

    Una bella notizia per Sala Consilina ed un pizzico di orgoglio per la nostra comunità.

  2. Ange Petruccio ha detto:

    Cara Tiziana auguri per il tuo ultimo libro. Noi tutti maturanti dell’84 al Liceo M. T. Cicerone sapevamo che eri destinata a grandi traguardi. Auguri ancora per tanti altri successi professionali e nella tua vita privata. See you!

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