In ricordo di Saffie e delle altre vittime di Manchester, le riflessioni del sociologo Giulio Pica

SULLA STRAGE DI MANCHESTER, NELLA QUALE HA PERSO LA VITA TRA GLI ALTRI ANCHE SAFFIE, DI SOLI 8 ANNI, RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LE RIFLESSIONI DEL SOCIOLOGO GIULIO PICA*

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La vittima più giovane della strage di Manchester si chiamava Saffie, 8 anni, un sorriso bellissimo, due occhi nei quali si scorgevano l’innocenza e la felicità dei bambini, il loro amore per la vita, la voglia di giocare, di conoscere, di ascoltare la melodia e le parole dei loro idoli. Un’altra delle vittime aveva 18 anni, 2 anni fa era riuscita a farsi fotografare con la sua amata Ariana Grande: era felicissima e sorridente. Ha perso la vita proprio dopo aver ascoltato la sua Ariana all’arena di Manchester.

E’ solo l’ultimo di una serie di attentati di matrice islamica che hanno ferito l’Europa. Ciò che fa più orrore, questa volta, è la determinazione con la quale l’attentatore ha deciso di seminare la morte tra giovani e giovanissimi, ragazzi e bambini soltanto un po’ più giovani di lui. Quando i bambini diventano ostaggio della follia omicida degli adulti la nostra lucidità viene messa a dura prova: come per la strage nella scuola di Beslan nel 2004, le tante stragi di bambini in Pakistan, Afghanistan, in Nigeria, in Siria o i tanti, troppi bambini uccisi dalle bombe sganciate dagli aerei americani, francesi e inglesi accorsi lì, si dice, per esportare la democrazia.

Nel caso delle stragi commesse in Europa da immigrati di seconda generazione a me capita di perdere la vigilanza degli impulsi e, nell’immediato, provo un’avversione profonda per l’Islam, per l’oscurantismo che acceca la mente di questi giovani sradicati, frustrati, confusi, dilaniati dal dilemma che vivono tra l’integrazione nella cultura occidentale ed il richiamo irresistibile a ripiombare indietro, nel buio più profondo di un anacronistico Medioevo. I burattinai dell’Isis insegnano loro ad odiare la musica, lo svago, il divertimento, l’amore per tutto ciò che è vita: distruggono le chiese cristiane, i templi romani, i tesori di Ninive, di Palmira, di Mosul, finanche il patrimonio artistico che appartiene ad una versione dell’Islam che considerano apostata.

Amano la morte, la desiderano, la reclamano, essa si impossessa di loro non soltanto quando si fanno saltare in aria, ma anche quando rinunciano alla vita e, cosa tremenda, pretendono di imporre anche agli altri di rinunciarvi. Probabilmente la musica, il divertimento, l’arte che per noi occidentali sono la vita, per loro non lo sono e nel, contempo, pretendono che anche noi ci rinunciamo. Qualche fanatico in rete ha scritto che la strage di Manchester è servita a vendicare i bambini morti sotto le bombe americane ed inglesi a Raqqa ed a Mosul.

Non c’è dubbio che l’intervento occidentale in Siria ed in Iraq abbia provocato vittime anche tra i civili, compresi i bambini, ma questi giovani disperati ignorano o dimenticano che i loro idoli dell’Isis usano i bambini come bombe umane per i loro disegni criminosi, li riempiono di esplosivo e li mandano a morire e a far morire altri bambini come loro. Dimenticano che ceceni, caucasici, tunisini, sauditi, iraqeni e tanti idioti europei arruolati tra le fila dell’Isis hanno rapito centinaia di ragazze Yazide riducendole a schiave sessuali, hanno costretto i bambini ad assistere a torture e decapitazioni per abituarli a diventare assassini spietati, hanno ucciso a Mosul 13 ragazzini soltanto perché assistevano ad una partita di calcio.

Giustificare le stragi di innocenti come risposta alle stragi compiute dagli occidentali è un gesto vigliacco e rivoltante. I bambini sono vittime innocenti sempre, sia quando si tratta di Saffie, sia quando si tratta di Ailan, il bambino di Kobane morto di stenti su una spiaggia turca. Al di là delle responsabilità occidentali che pure ci sono e che, comunque, non possono affatto giustificare le atrocità commesse dall’Isis e da Boko Aram, resta l’amara constatazione che la disumanità e l’abbrutimento avvolgono il mondo degli adulti.

L’adulto perde quella dolcezza, quell’amore per la vita, quell’innocenza che i bambini portano sui loro volti sorridenti.

A Manchester insieme a Saffie c’erano migliaia di adolescenti felici accorsi a sentire la loro cantante preferita, bambini forse fragili che in Ariana individuavano un approdo di gioia e di sicurezza rispetto ad un mondo adulto crudele e distante. La rabbia è incontenibile perché, alla fin fine, tra calcoli di cinici politici, presidenti, generali, re e regine, mercanti di armi e sceicchi stra-ricchi, sono sempre i bambini a pagare il prezzo più alto, quelli che muoiono ed i loro coetanei che portano loro la morte, disperati più di loro, manipolati ad arte da cinici fondamentalisti islamici assetati di odio, carichi di rancore, assetati di potere”.

Giulio Pica

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*Giulio Pica è nato a Sala Consilina nel 1964. Vive a Sala Consilina e lavora come sociologo al Sert di Potenza dal 1993. Non appartiene ad alcun partito politico ma segue con costanza l’evoluzione della politica e dei fenomeni sociali in genere. Di recente ha pubblicato il volume “Sala, Napoli, Berlino”

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