Vallo di Diano & Agricoltura, l’esempio delle Dolomiti: “La Terra a chi Lavora”

Si parla tanto di rilancio dell’agricoltura nel Vallo di Diano come possibile volano di sviluppo (insieme al turismo) di un territorio che ha scelto da tempo di dire no alle estrazioni petrolifere, e di puntare molte delle sue carte sulle risorse dell’ambiente e della natura. In questo senso un esempio da considerare, analizzare e perché no, forse da seguire, arriva dalle lontane Dolomiti e precisamente da Feltre, in provincia di Belluno. A portare sotto i riflettori questo esempio virtuoso sul sito comune-info.net e nel suo ultimo libro “Vie di Fuga”  è Paolo Cacciari, autore di numerosi saggi sulla decrescita e sui beni comuni. Il progetto, preparato dal Forum dei laboratori dei cittadini e delle associazioni (http://partecipo.comune.feltre.bl.it) è denominato “La terra a chi la lavora”, e chiedeva alla amministrazione comunale di Feltre di censire i terreni agricoli di sua proprietà non adeguatamente usati, mettendoli a disposizione di chi volesse coltivarli. A questo scopo sono stati così individuati 132.318 metri quadrati raggruppati in dodici lotti. Quindi, è stato elaborato un regolamento d’uso mirato a favorire le produzioni agricole più consone alle caratteristiche del terreno (sfalcio o coltivazioni varie), più utili alla tutela della biodiversità e alla conservazione delle sementi antiche, e tali da alimentare le filiere corte di produzioni locali. Su queste basi nel novembre scorso, l’amministrazione comunale ha provveduto ad emanare un bando per la assegnazione pluriennale (sei anni) dei lotti con graduatorie premianti: i giovani agricoltori conduttori a titolo principale o anche part-time, la gestione del terreno con metodi biologici certificati, l’impegno a fornire con i propri prodotti l’agri-mercato cittadino, le aziende di agricoltura sociale (che occupano persone svantaggiate) ed altro ancora. Le domande pervenute sono state più del doppio dei lotti a disposizione, segno di una domanda di terra e di una voglia di lavorarla che non trova risposte dal normale mercato privato. Ben nove ditte su dodici assegnatarie si impegnano alla conversione biologica, cinque saranno gestite da giovani agricoltori/ci, sette aderiscono a consorzi di tutela locali e si impegnano a destinare almeno il 20 per cento del terreno loro assegnato a colture locali a rischio di erosione genetica, ed una cooperativa sarà dedicata anche all’agricoltura sociale. Insomma anche un modo per difendere il paesaggio, l’assetto idrogeologico e la stessa prosperità delle economie locali, assieme con le piccole aziende agricole diffuse. “Il Prossimo obiettivo –conclude Cacciari- è il distretto rurale delle produzioni di qualità sostenuto dai regolamenti comunali di polizia rurale e, si spera, da una radicalmente nuova politica agricola europea”.

Si tratta di un esempio che forse amministrazioni, associazioni, agricoltori e cittadini del Vallo di Diano dovrebbero studiare con attenzione… come scrive Roberto Garone, che ha segnalato l’articolo di Cacciari “Qualcuno ha cominciato” a mettere le buone intenzioni in pratica.

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