Questione Parco. Il Codacons: “Non diventi una propaganda elettorale. Serve una seria riflessione”

Anche il Codacons Vallo di Diano interviene sulla discussione intorno al Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. “Non è difficile comprendere (senza pur tuttavia condividere) una crescente voglia di fuoriuscire dall’Ente, così come proposto da alcune amministrazioni locali. E questo proprio in coincidenza delle imminenti elezioni regionali. Non vorremmo – scrivono nel comunicato -, tuttavia, che temi scottanti quali la riapertura del Tribunale di Sala Consilina e il ripristino del traffico sulla linea ferroviaria Sicignano-Lagonegro fossero considerati come “passati di moda” e che, per raccattare preferenze, si stia pensando di trovare spunti “innovativi” per fare propaganda elettorale. Noi vogliamo invece credere che il dibattito sia autentico, perché è un dato di fatto che l’istituzione del Parco Nazionale non ha dato e non sta dando i frutti sperati”.

Codacons quindi punta su alcuni aspetti. “Per prima cosa, consideriamo la  problematica legata al sovrannumero dei cinghiali nel Parco Nazionale. Il problema esiste, anche se va ridimensionato nella sua entità. Infatti, se dovessimo credere alle cifre circolanti, dovremmo pensare che la densità di popolazione di questi suini arriverebbe a cifre incredibili quali una decina di capi per ettaro. Pur non negando che bisogna trovare una soluzione al problema della crescita incontrollata della popolazione dei cinghiali nel Parco Nazionale, pensiamo che necessita prima comprendere più a fondo quale sia l’attuale densità di popolazione di questi animali all’interno dell’intera zona protetta. In secondo luogo, vorremmo dire che si è giunti al punto in cui è necessario rivisitare le regole e la struttura stessa dell’Ente, per il rilancio del territorio compreso e adiacente al perimetro del Parco. La nostra sede Codacons, in questo caso, sceglie la strada propositiva, affinché si possano individuare alcuni punti fondamentali, sui quali non bisogna più mancare di agire, invece di indulgere nella “sterile protesta” (quante volte queste parole sono state rivolte a noi?) che alcune amministrazioni stanno mettendo impropriamente in atto”.

Ed ecco le proposte. “Bisognerà innanzitutto rivedere la gestione del Parco, sdoppiando l’Ente in una zona costiera con sede a Vallo della Lucania ed una zona montana con sede nel Vallo di Diano. Questa semplice operazione dovrebbe permettere di accedere a tutti i finanziamenti che vengono destinati alle aree protette in modo più puntuale, contribuendo ad avvicinare (anziché mettere in contrapposizione) due territori difformi per orografia e cultura, che non hanno mai goduto di unità socio-politica. Bisognerà sapientemente reintrodurre l’uomo e le proprie attività, visti come parte integrante di un territorio protetto, nel perimetro stesso del Parco, con l’eliminazione di alcuni lacciuoli burocratici (alcune deroghe potrebbero essere previste per specifiche attività eco-compatibili), rendendo però, allo stesso tempo, il territorio realmente “protetto” da trivelle, cementificazione selvaggia, sversamenti abusivi e discariche. Bisognerà chiamare la Forestale a cavallo, così come altre volte proposto, per la vigilanza delle aree protette. Bisognerà organizzazione vere (ossia non “poco visibili”) strutture didattiche, ludiche e percorsi per “vivere” e studiare la natura nel Parco Nazionale (aree camper, aule didattiche, ostelli, piste “naturali” per sport invernali), affinché il Parco possa essere un’opportunità di crescita socio-economica e non un mero (e a volte solo incomprensibile) vincolo.

Il documento è firmato dal responsabile settore agricoltura, Salvatore Gasparro, e dal responsabile della sede, Roberta de Luca

 

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