Morte Dorotea Di Sia: il conducente dell’auto era drogato e ubriaco. I familiari: “Sia processato per omicidio stradale”

“Vogliamo giustizia per nostra sorella, vogliamo che chi guidava l’auto sotto l’effetto di droga e alcol sconti una pena commisurata a quanto abbia fatto e soprattutto in considerazione del fatto che non si sia mai pentito. Almeno non con noi”. E’ la lettera scritta del fratello di Maria Dorotea Di Sia, la 25enne valdianese morta in un terribile incidente in Puglia. L’auto nella quale viaggiava andò a sbattere contro un muro a Bisceglie. Impatto, purtroppo, fatale per la ragazza e che provocò anche altri due feriti gravi.  “Dall’inchiesta – scrivono i parenti – è emerso che il conducente dell’auto fosse alla guida sotto l’effetto di cocaina, hashish e alcol. Stava procedendo ad altissima e considerata  velocità in centro urbano fino a perdere il controllo della vettura”. Poi c’è la denuncia. “Solo dopo l’incidente abbiamo conosciuto i trascorsi di irregolarità alla guida e che aveva riavuto la patente (già ritirata – ndr) solo per una norma assurda della nostra legislazione”. Quindi l’appello. “Il carnefice di nostra sorella non ha trascorso neanche un giorno in carcere e per questo chiediamo che lo Stato approvi il cosiddetto omicidio stradale”. La famiglia – che in sede processuale è difesa dall’avvocato Michele Galiano – ha anche scritto una memoria evidenziando soprattutto “il comportamento dell’indagato prima del sinistro e dopo. E che non ha mai manifestato pentimento diretto”, denuncia il padre di Maria Dorotea. “Per questa serie di comportamenti chiediamo una pena commisurata alla gravità dei fatti non per avere una punizione che mai ci ridarà Maria Dorotea ma per evitare che chi ha sbagliato, senza peraltro pentirsi, reiteri i propri comportamenti”.

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