La Sovraintendenza risponde a Fortunato sul vincolo alle ville di Santa Marina: “Accuse sconcertanti e inesatte”

La Sovraintendenza risponde alle accuse di Dionigi Fortunato in merito al vincolo per la possibile demolizione di cento ville a Santa Marina. “E’ con vivo sconcerto – scrive Francesca Casule – misto a sincera delusione, che prendo atto delle dichiarazioni di Fortunato in merito alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del grafico che illustra la nuova perimetrazione grafica del vincolo emesso con  D.M. 16 giugno 1966”. Dalla Sovraintendenza quindi specificano quale è la situazione. Ecco il comunicato

“Appare evidente che se è stato necessario pubblicare un nuovo grafico, questo significa che esisteva un precedente grafico con una perimetrazione diversa, che per l’appunto includeva anche l’area in cui sorgono le centinaia di case citate nell’intervista. Viene dunque a cadere, e si dimostra – oltre che gravemente offensiva – anche del tutto gratuita, l’accusa al funzionario di questa soprintendenza, Carmelo Mola, di essersi ‘inventato un vincolo inesistente’.  Si tratta invece di una situazione, peraltro non unica sul territorio italiano per tale tipologia di decreti di vincolo  (emessi ai sensi della legge 1497/39, i cui principi di tutela sono in seguito confluiti nel D. Lgs. 42/2004, noto come Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), in cui la descrizione della delimitazione dell’area sottoposta a vincolo risulta non perfettamente congruente con il grafico che la accompagna o presenta qualche ambiguità interpretativa. Non a caso in molte regioni il Ministero sta procedendo con l’Amministrazione Regionale ad una revisione congiunta delle vecchie perimetrazioni. Va subito chiarito che l’inclusione nell’area a vincolo non comporta  l’inedificabilità assoluta di tale area, cui si riconosce un elevato pregio paesaggistico e viene dunque ritenuta meritevole di tutela, ma solo la necessità di sottoporre ogni modifica dello stato dei luoghi “anche” al vaglio della Soprintendenza, affinché possa dettare idonee prescrizioni o chiedere modifiche progettuali al privato per garantire, nel superiore interesse pubblico, il mantenimento dei valori paesaggistici tutelati.  Va altresì sottolineato il fatto che per legge, al termine del procedimento di sottoposizione a vincolo, al Comune viene inviata copia tanto della Gazzetta Ufficiale che contiene la descrizione, quanto del grafico che ne dovrebbe costituire la rappresentazione, usualmente di più semplice consultazione ai fini della verifica dell’inclusione o meno nel perimetro del vincolo delle aree in cui vengono proposti interventi. E’ dunque il Comune, e non il privato,  che deve decidere se richiedere o meno il parere  alla Soprintendenza, e in questo caso, stante che sulla base del grafico in suo possesso, il Comune avrebbe dovuto inviare la pratica in Soprintendenza, lo stesso – lungi dal rilevare l’ambiguità della situazione, chiedendo chiarimenti – ha semplicemente omesso il procedimento, predisponendo in modo unilaterale un grafico con una perimetrazione diversa, mettendo così il cittadino nella inconsapevole situazione di avere una casa potenzialmente illegittima. Fermo restando che, di fronte alla buona fede dei cittadini, si sarebbe comunque trovata, con l’aiuto dell’Ufficio Legislativo del Ministero, una soluzione amministrativa alla situazione, va sottolineato come il “rischio di demolizione”, qualora ci fosse stato, sarebbe stato indotto non certo dalla professionalità del funzionario, che aveva giustamente rilevato la presenza massiccia di case mai autorizzate dalla Soprintendenza in un’area che – a giudicare dal grafico ufficiale – era sottoposta a vincolo, quanto piuttosto dall’operato del Comune, a dir poco superficiale. Nel richiamare il fatto che il ricorso al TAR promosso dal Comune non ottenne l’esito dallo stesso auspicato, non si può non osservare che la successiva sentenza di appello al Consiglio di Stato, che attribuisce valore ad una interpretazione più restrittiva della descrizione del vincolo e invita di conseguenza la Soprintendenza a modificare il grafico, costituisce una “soluzione amministrativa” speditiva che risolve il problema cancellandolo, e non è escluso che a tale sentenza si sia giunti in considerazione della compromissione ormai avvenuta nell’area a seguito dell’indiscriminata approvazione da parte del Comune degli interventi proposti, che avrebbero potuto invece essere migliorati e resi compatibili con i valori paesaggistici presenti.  Se si è iniziato parlando non solo di sconcerto, ma anche di sincera delusione, è perché con i fratelli Fortunato, rispettivamente Sindaco attuale ed ex Sindaco di Santa Marina, si era svolto, poco dopo l’insediamento della scrivente alla guida della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno e Avellino al posto dell’ing. Gennaro Miccio, un fattivo incontro nel quale sembrava si fossero poste le basi per una nuova e diversa interazione tra le nostre amministrazioni, caratterizzata in passato da una sterile contrapposizione alla quale ci si era impegnati a sostituire una positiva collaborazione. Le gratuite affermazioni e le minacce di denuncia per danni tanto dell’ing. Mola quanto del firmatario dei provvedimenti, l’allora dirigente, ing. Miccio, che caratterizzano l’intervista dell’ex Sindaco, oltre ad essere chiaramente prive di fondamento, sembrano riportare senza motivo al passato, mettendo in dubbio la strada della collaborazione interistituzionale alla quale ci si era vicendevolmente impegnati e che è peraltro il segno che  caratterizza questa dirigenza”.

 

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