Tragedia di Padula. Negli occhi degli investigatori il dramma di quanto avvenuto

Chi è intervenuto sul tragedia di Padula non parla. Carabinieri e personale del 118 tacciono, per dovere e per rispetto, per indole e per deontologia. Ma dai loro occhi, nei loro sguardi, si vede qualcosa che in altre tragedie, sulle quali pure intervengono senza indugio, non traspare. La freddezza dell’investigatore resta di fronte ai rilievi da effettuare, ma aver a che fare con un bimbo di tre anni trascinato nella morte dal padre colpisce internamente. E’ ovvio. E’ evidente anche se non lo confermeranno mai, ma è così. “E’ un pupazzo quello al fianco del cadavere?”, pare abbia chiesto uno dei primi soccorritori guardando dall’alto del terrazzo la scena del dramma. Un dramma che si legge chiaramente negli sguardi dei carabinieri del Nucleo operativo dei carabinieri di Sala Consilina guidati dal maresciallo Francesco Argento e dei militari dell’aliquota radiomobile con il tenente Gaetano Ragano. I militari sono stati coordinati dal tenente Davide Acquaviva presente sul posto e che ha sentito la mamma del piccolo Samuele e la suocera nella caserma di Padula con il maresciallo della locale stazione, Mandia. Hanno qualcosa di diverso negli occhi, gli operatori in divisa di ordinanza o quelli in tuta bianca rispetto ad altri luoghi di dramma. La tragedia che hanno visto davanti agli occhi, i due corpi esamini, le scarpine rosse a un metro da Samuele pare abbiano toccato dentro chi è intervenuto sul posto, chi ha dovuto guardare senza filtri l’atroce destino che ha toccato il piccolo. Carabinieri e personale sanitario non parlano ma i loro occhi dicono che stavolta il luogo del crimine è ben diverso da altri. Resta dentro e rimane indelebile.

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