“Abbiamo fatto il possibile per riportare Simon a casa”. L’indignazione del Soccorso Alpino

E’ amareggiato e dispiaciuto Angelo Caprio del Soccorso Alpino Campano per le dure critiche rivolte alla macchina dei soccorsi attivatasi per cercare Simon Gautier. Caprio affida il suo pensiero ad un lungo post sulla pagina facebook, marchiata a lutto proprio in seguito al rinvenimento senza vita del corpo di Simon. “Abbiamo cercato Simon per più di una settimana battendo chilometri e chilometri di terreni impervi, scrive Angelo Caprio.  Percorrendo tutti i sentieri della zona. Poi l’avvistamento… Così ti riprepari, fai un nuovo check dell’attrezzatura, zaino in spalla, e dopo esserti svegliato ancora una volta alle 5 del mattino, aver speso un’altra intera giornata a setacciare pareti e canaloni sotto il sole rovente, parti al buio per andare a recuperare il corpo. Ore e ore di lavoro di squadra, di manovre tecniche, di discese ripide con scariche di sassi, per portare a mare il corpo. Consegni la barella alle autorità e aspetti che vengano a prenderti con un gommone per portati al vicino porto. È il pomeriggio del giorno dopo ormai. Non hai riposato nemmeno un minuto. Ti fermi un po’, non troppo che devi rimetterti in auto o in treno e fare decine di chilometri, se ti va bene, per tornare di nuovo, dopo 38 ore, finalmente a casa, perché il giorno dopo ti tocca andare a lavoro, il tuo vero lavoro, quello per portare a casa il pane”. E’ così che operano i soccorsi, i volontari del soccorso alpino. Dopo tanto lavoro ed una “sconfitta” devono ritornare alla quotidianità. Da qui il dispiacere del soccorritore che aggiunge nel suo post: “E senti poi gente e TG che parla di ritardo nei soccorsi, che in Francia avrebbero fatto meglio, che le tv Francesi hanno dovuto costringerci a far iniziare le ricerche… La verità la sai solo tu, i tuoi colleghi, gli altri operatori che hanno lavorato con te. La verità è che tu non volevi altro che riportarlo a casa sano e salvo. Non volevi altro che i tuoi giorni di sacrifici venissero ricompensato con un sorriso dei genitori. Dovrebbero sapere che tu eri lì fin da subito, a rischiare la tua vita, per un tuo coetaneo che condivideva con te l’amore per la montagna. Dovrebbero sapere che tutto ciò che fai, tu lo fai da volontario, senza prendere un centesimo, anzi che tu usi i tuoi risparmi per comprarti l’attrezzatura, lasci i tuoi cari quando ti arriva la chiamata, che sia giorno, notte o Natale, accettando di non avere la certezza assoluta di rientrare a casa. Eppure tu ci sei. Perché tu sei un soccorritore del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico. Che tu sia della Campania, del Lazio, della Basilicata o di qualunque altra regione, tu ci sei”.

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