Sversamenti nel Vallo di Diano: l’indignazione social, i mancati controlli dopo il processo Chernobyl e i dubbi sugli “strani” favori

L’inchiesta sul deposito e trasporto di rifiuti pericolosi tra Sant’Arsenio e Polla ha aperto diversi scenari che devono essere approfonditi.

L’inchiesta. Sono tanti i punti che dovranno essere chiariti dagli inquirenti e dalle persone coinvolte ovviamente. L’operazione che ha portato al sequestro di 16mila litri di idrossido di potassio conservate in 16 cisterne per l’irrigazione ha creato – ovviamente – attenzione e preoccupazione da parte della popolazione valdianese. Tante, troppe malattie colpiscono il comprensorio e il terrore che ci siano assassini del territorio è forte. Forse anche giustificato. Occorrerà ben capire da parte delle forze dell’ordine se le etichette ritrovate che riportano a Cinisello Balsamo, in Lombardia, possano essere un indizio sulla provenienza dei rifiuti. Questo aprirebbe scenari di traffico di rifiuti nel Vallo di Diano davvero inquietanti. E farebbe ipotizzare che un semplice imprenditore di calcestruzzi (innocente fino a prova contraria) e un giovane conducente del camion, possano essere gli ultimi anelli (deboli) di una catena ben più preoccupante. Una catena che porterebbe fino al nord Italia con il percorso che potrebbe attraversare zone della Campania già note per questo traffico, come il Casertano, fino ad arrivare nel Vallo di Diano. Terra dove vivono comunque persone già coinvolte per questi tipi di reato. Ma si tratta di un’ipotesi.Si chiaro. E forse, considerata l’attenzione che si è creata, sarebbero utili chiarimenti della Procura di Lagonegro. Per la popolazione, innanzitutto. Da chiarire – come ha fatto sapere l’avvocato di Pasquale Quagliano sulla Città di oggi – se si tratta di favori ad amici per un mero deposito, con l’indagato che dimostrerà alla Procura la sua estraneità ai fatti come da egli dichiarato, chi sono gli amici in questione e se nel favore era anche previsto un giro notturno in camion di parte del materiale senza autorizzazioni né documenti. Dubbi, tanti. Anche altri che sorgono di fronte a questa vicenda. Paura pure.

La politica. Tanti i complimenti arrivati al capitano Davide Acquaviva e ai suoi carabinieri per l’ottima operazione messa a segno. Complimenti che sono giunti anche dal ministro Sergio Costa. E da molti politici locali. Il sindaco di Sant’Arsenio, Donato Pica, ha ipotizzato di aprire un tavolo tecnico con il suo collega di Polla, Rocco Giuliano sul caso. Ma la politica non può e non deve interessarsi solo a fatto avvenuto e non deve dimenticare quanto avvenuto in passato. L’esempio è concreto. E vivo. Il Tribunale di Salerno dopo aver emesso la sentenza di prescrizione sul caso Chernobyl per presunto sversamento di rifiuti dannosi in alcuni terreni di Sant’Arsenio, Teggiano, San Pietro al Tanagro e San Rufo, aveva inviato (ordinato) ai Comuni interessati le particelle dei terreni interessati per richiedere un’analisi ambientale degli stessi. Un carotaggio per capire se fossero inquinati o meno (Il Tribunale così se ne è lavato le mani dopo 15 anni non dando risposta). Nessuno di quattro Comuni ha fatto analisi. Il dubbio resta. Così come la domanda sul perché si aprono tavoli ma non si scavano terreni sospetti.

L’indignazione social. Immediatamente dopo la pubblicazione della notizia delle varie testate sui social – soprattutto – è scattata l’indignazione, la caccia all’uomo o meglio al nome. Atteggiamento che si può comprendere, ovviamente, ma che fa nascere quesiti soprattutto sul giustizialismo social di questo periodo. Ci si erge a esperti di diritto e fustigatori dimenticandosi che per fortuna l’Italia è uno stato di diritto e c’è un iter giudiziario da seguire. E invece no. Si cercano i nomi, si dà adito al chiacchiericcio e si scivola nella facile sentenza. Un atteggiamento che non riguarda solo questo caso specifico ma anche altri episodi, dove si vuol sfamare la parte pruriginosa del nostro essere con nomi facili e fatti superficiali. Un pericolo nel quale rischiamo di cadere anche alcuni di noi giornalisti.

Una risposta

  1. Roberto De Luca ha detto:

    Due gravissime inesattezze sul processo Chernobyl. La prima è che gli sversamenti non erano presunti. La seconda è che non si ordinava l’analisi dei terreni, ma la bonifica. Rettificate la notizia per favore.

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