La poetessa di Atena Lucana, Maria Teresa Chechile, conquista il pubblico con i suoi “Pensieri fugaci”

“Spesso la poesia è un viaggio che si fa partendo dai ricordi giovanili. E i ricordi di Maria Teresa Chechile sono molteplici: nata da genitori emigrati negli anni ’60 da Atena Lucana a Zurigo, in Svizzera, dove ha frequentato le scuole dell’infanzia; ritorno nel Vallo di Diano dove a Teggiano ha conseguito il Diploma Magistrale; quindi, la laurea in Scienze Infermieristiche con i primi impieghi a Milano e, 22 anni fa, il trasferimento a Jesi, nelle Marche, dove lavora presso il locale ospedale e dove vive insieme al marito e due figli. Con i suoi versi, intervallati da scritti relativi al proprio vissuto, l’autrice mette a nudo il suo cuore ed i suoi stati d’animo”. E’ questa la descrizione che Geppino d’Amico dà della poetessa di origine valdianesi che si sta imponendo nell’arte della Poesia.

“Pensieri fugaci”, pubblicato in una bella veste grafica dalla casa editrice “Le Mezzelane”, è la sua opera prima anche se numerose poesie, hanno ottenuto importanti riconoscimenti in tutta Italia e sono state inserite in importanti antologie. La poesia che finora le ha dato le maggiori soddisfazioni è “Di notte” che è stata inserita nell’enciclopedia del Premio Mario Luzi e nell’Agenda dello scrittore della Repubblica Italiana con recensione della Fondazione Mario Luzi e dell’Accademia della Crusca.

Scritta in giovanissima età nel suo paese d’origine, Atena Lucana, “Di notte” è la rappresentazione reale e metaforica della vita. E sarà questa poesia che la vedrà al fianco di autorevoli esponenti della cultura come Dato Magradze (poeta georgiano candidato al Nobel). Importantissimo per lei è stato un incontro casuale con Alessandro Quasimodo (figlio del premio Nobel Salvatore Quasimodo) dal quale è nato un sodalizio artistico. Di rilievo per la sua consacrazione il CD di poesie “Alessandro Quasimodo legge Maria Teresa Chechile”.

L’Autrice considera le sue poesie “una osservazione del mondo, una interazione tra l’uomo e ciò che lo circonda, un aspetto anche introspettivo interrogando la propria anima” e non nasconde il richiamo al pensiero poetico di Giacomo Leopardi ed a quello filosofico di Immanuel Kant, alfiere dell’Illuminismo. Non a caso, in uno scritto inserito nel libro è la stessa Autrice a definirsi “cittadina del mondo”. Nelle sue poesie troviamo versi e sfumature derivanti dalla rabbia, un sentimento longevo e a volte vitale che anche in passato ha ispirato numerosi poeti. Tra gli argomenti di carattere sociale vanno inserite le poesie dedicate all’emigrazione e alla emarginazione avendo vissuto questi due stati d’animo passando dalla multietnicità, vissuta in prima persona a Zurigo, alla emarginazione delle classi subalterne e non solo, due fenomeni che ha potuto osservare quotidianamente anche perché l’Italia dopo un passato di emigrazione è diventata un paese di immigrazione.

Maria Teresa Chechile usa parole a volte suadenti ed a volte dure; parole che, come titolava Carlo Levi, “sono pietre”, oppure, per dirla con Pirandello, “pietre inamovibili”. Parole in grado di smuovere anche le coscienze più intorpidite.

Altre tematiche importanti sono quelle dedicate alla donna e non poteva essere diversamente considerato il suo status di figlia, moglie e madre ma sempre e comunque donna. Non mancano argomenti altrettanto importanti come l’insofferenza e la nostalgia ed altri temi che scaturiscono dal suo essere “cittadina del mondo” dotata di una visione illuminista che sente l’orgoglio del suo essere infermiera e poter aiutare gli altri. Donna e Illuminista: proprio da qui nascono quei “pensieri fugaci che afferrano il tempo come uccelli rapaci”.

 

 

 

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