Da Geppino D’Amico un omaggio al coraggio delle donne e una costatazione: “Con i pazzi è difficile ragionare”

L’appuntamento odierno con gli approfondimenti del giornalista e storico Geppino D’Amico è un omaggio alle donne e al loro coraggio. Ma prima un necessario aggiornamento sul collega Pierpaolo Fasano, la cui doppia battaglia nell’ultima settimana ha conquistato la ribalta nazionale.

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TESTO DI GEPPINO D’AMICO

Prima di proporre alcune riflessioni sulla giornata internazionale della violenza contro le donne ci sia consentito di rinnovare gli auguri di pronta e definitiva guarigione al giovane e bravo collega Pierpaolo Fasano per la sua battaglia contro il virus e contro i negazionisti. Siamo lieti di poter dire che le sue condizioni sono in miglioramento. E’ triste, dover constatare che qualcuno, approfittando dell’anonimato, commentando un post di Pierpaolo sulla necessità di fare attenzione alla pandemia che c’è ed è pericolosa, ha usato parole dure per dire che il virus non esiste. Ha ragione il filosofo Umberto Galimberti quando afferma che “coi pazzi non è facile ragionare. Si può persuadere chi nega la realtà che la realtà è differente? Molto difficilmente”. Bene hanno fatto i vertici dell’Associazione dei Giornalisti del Vallo di Diano “Lamberti Sorrentino” a segnalare alla polizia postale l’anonimo negazionista.  Torniamo alla giornata internazionale della violenza contro le donne.

Mercoledì scorso anche nel Vallo di Diano ci sono state iniziative e prese di posizione sulla necessità di combattere la violenza di genere e il femminicidio che negli ultimi anni non ha risparmiato il nostro territorio. All’argomento la redazione di Italia 2 ha dedicato ampi servizi. Panchine rosse sono state collocate in tutti i paesi così come non mancano dibattiti e manifestazioni. Quella delle donne è una battaglia che viene da lontano. Da secoli, infatti, combattono per la loro definitiva emancipazione e per il diritto di autodeterminarsi, sottomesse come erano in passato prima al padre e dopo il matrimonio al marito. Oggi vogliamo segnalare due donne che in epoche lontane si sono battute per i diritti di tutte le donne: la parigina Olympe de Gouges e la napoletana Errichetta Di Lorenzo.

Scrittrice di opere teatrali, giornalista e femminista, Olympe de Gouges si appassionò al tema dei diritti umani. A lei si deve nel 1790 la Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine, 17 articoli scritti sull’impronta della dichiarazione al maschile approvata nel 1789 dalla Rivoluzione Francese. Secondo la De Gouges “la donna deve svegliarsi e saper riconoscere i propri diritti. La luce della verità ha dissipato tutte le nubi della stupidità e della usurpazione”. Indubbiamente quella offerta dalla femminista francese era un’analisi lucida ma, probabilmente, fatta nel momento sbagliato: i nuovi responsabili del potere in Francia non potevano tollerare le critiche che la donna rivolgeva alla rivoluzione: Nel 1793 Olympe de Gouges fu ghigliottinata.

Diversa la vicenda di Errichetta Di Lorenzo, entrata nella storia per essere stata la compagna di Carlo Pisacane con il quale fuggì lasciando a Napoli tre figli e un marito ricco e più anziano di lei, che le avevano imposto “per sistemarla” dopo la morte del padre. Errichetta non aveva mai amato quell’uomo. Le lettere inviate alla madre assumono il significato di un manifesto della lotta per l’emancipazione; purtroppo, non potendo leggerle tutte ci limitiamo a due frammenti. Quando la madre estremamente tradizionalista condannò la sua decisione affermando che “quello che ha fatto è una grande disgrazia per l’onore della famiglia” Errichetta, perseguitata anche dalla polizia borbonica, difese con forza il suo rapporto con Carlo: “Non esiste donna al mondo la quale non abbia amato in sua vita –si legge in una lettera alla madre– quindi, colei che non ama il marito deve presto o tardi amarne un altro. Nel Vostro cuore avete mai supposto che io potevo amare Dionisio? No, certo. Dunque ciò che è avvenuto era naturalissimo”. Ancor più dura la risposta alla madre che le chiedeva di partorire il bimbo che attendeva da Carlo, lasciarlo in un brefotrofio e tornare a casa dal marito “per salvare l’onore della famiglia”. In una lettera, datata Marsiglia 2 ottobre 1847, Errichetta scrive: “Cara Madre, sono rimasta meravigliata ed inorridita di ciò che si pretende da me; mi condannate per avere io lasciato i miei figli che hanno un nome, una fortuna, delle persone che possono prenderne cura come la loro madre istessa, e poi mi si propone, anzi si esige, che io abbandoni il caro figlio dell’amore a cui sono per dare la luce, e che non avrà né nome, né fortuna, per cui ha più diritto all’amore mio ed alle mie cure! Non lo farò giammai”.

La rivendicazione di autonomia personale ricorre in molte biografie di patriote (Errichetta lo era per avere partecipato insieme a Cristina di Belgioso ed altre donne allo sfortunato tentativo di dare vita alla Repubblica Romana del 1848). Già allora “libertà” significava, innanzitutto, acquistare indipendenza e controllo sulla propria vita; rappresentava anche la possibilità di liberarsi da una “prigione” coniugale.  Il tema della emancipazione era particolarmente sentito dalle donne già nell’Ottocento quando le donne della borghesia leggevano di nascosto George Sand e in epoca più recente Sibilla Aleramo che ci hanno lasciato lucide testimonianze letterarie e, prima ancora, biografiche. A distanza di anni l’impegno delle donne continua.

GEPPINO D’AMICO

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Una risposta

  1. fusco antonio ha detto:

    ….proprio vero con i pazzi e gli idioti non esiste dialogo. La mia angoscia è che buona parte del paese, per intenderci quella che segue e supporta i vari salvini, meloni ed emuli vari , sembra impazzita o peggio è collusa per ottenere prebende, elemosine e favori. Ma parliamo di donne che sonio la vera spina dorsale del paese e che stanno dando ogni giorno di più dimostrazione delle loro capacita’, levatura morale e forza. Manca solo una determinazione feroce nel denunciare coloro che le maltrattano e usano loro violenza perchè sono degli animali . Forza e aiutate noi uomini a prendere coscienza di noi stessi e spronarci ad essere migliori.

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