Maxi operazione della DDA di Potenza contro la criminalità organizzata

Maxi operazione antimafia messa a segno dalla DDA di Potenza. Alle prime luci dell’alba di questa mattina il personale della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Potenza e militari della Compagnia Carabinieri di Melfi Nucleo Operativo Radiomobile hanno dato esecuzione a diversi provvedimenti cautelari che hanno portato alla custodia carceraria undici soggetti, altri tre agli arresti domiciliari e all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria altri due. I prevenuti, tutti della zona Vulture-Melfese, sono gravemente indiziati, a vario titolo, di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, possesso e detenzione illegale di arma da fuoco, svariate estorsioni, tentate e consumate, tentata rapina e di calunnia.

L’indagine, coordinata della Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo lucano e svolta dalla Squadra Mobile di Potenza e dalla Compagnia Carabinieri di Melfi, è riuscita a ricondurre a sistema una serie di elementi di indiziante colpevolezza già in parte emesrsi nel corso di precedenti operazioni investigative, da cui sono sfociati processi attualmente pendenti per molteplici reati, tra cui usura, estorsione, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, falso, induzione indebita a dare o promettere utilità, interposizione fittizia e, successivamente, sviluppati con una serie di nuovi approfondimenti che hanno permesso di acquisire gravi indizi in ordine all’esistenza e alla perdurante operatività, almeno dal mese di marzo 2013, in Melfi e su tutto il territorio vulture-melfese, della consorteria mafiosa capeggiata da due famiglie lucane, per altro già in passato giudizialmente riconosciuta con sentenze irrevocabili.

Ferma restando l’ovvia presunzione di non colpevolezza per tutti gli indagati, le ampie ed articolate attività investigative svolte hanno fatto luce su una costante e sistematica attività delittuosa che di fatto è stato possibile ricondurre nell’alveo unitario del vasto programma criminoso perseguito dal precitato sodalizio, il cui ricompattamento, a seguito delle precedenti sentenze di condanna per associazione mafiosa, è stato storicamente individuato, a livello di gravità indiziaria, nell’evasione dal carcere di Porto Azzurro di C. N., indiziato di essere affiliato al clan, e poi rintracciato e tratto in arresto a novembre dell’anno seguente, quando venne sorpreso a cena in un ristorante in provincia di Forli Cesena, in compagnia, tra gli altri, di D.M. V., a sua volta ritenuto – sulla base di elementi indiziari ritenuti gravi dal Gip – esponente apicale del medesimo clan.

La meticolosa ricostruzione investigativa di una serie vastissima di eventi delittuosi susseguitisi negli anni a Melfi e nella zona del Vulture-Melfese ha consentito – fermo restando il necessario vaglio dibattimentale – di disvelare il costante coinvolgimento criminoso degli esponenti delle due famiglie melfitane e di soggetti a loro vicini, il cui operato è stato ritenuto dal Giudice funzionale a garantire al sodalizio un progressivo consolidamento della propria egemonia sul territorio, perseguito sia attraverso la compenetrazione nel tessuto economico-imprenditoriale, mediante l’affidamento diretto e indiretto di appalti e di porzioni fondiarie per attività agricole, agevolate anche da figure istituzionali ed imprenditoriali compiacenti, sia con le più tradizionali metodologie violente ed intimidatorie, trascese in vere e proprie condotte estorsive perpetrate in danno di commercianti e operatori economici del settore agricolo. Il preminente rilievo che l’intimidazione ha rivestito per il sodalizio è stato rintracciato nelle innumerevoli condotte estorsive che le indagini hanno portato alla luce e che sono state consumate non solo in danno degli imprenditori locali ma, in occasione della Sagra della Varola di Melfi, anche in danno di espositori e standisti a cui soggetti vicini al clan, con minacce esplicite o larvate, rivolgevano richieste di contributi economici per i sodali detenuti ovvero in cambio di protezione, facendo anche espresso riferimento, in una circostanza, alla loro condizione di mafiosi.

Le indagini hanno poi consentito di acquisire gravi indizi – dimostrativi della forza ed il potere di intimidazione del sodalizio – anche in ordine alla costante disponibilità di armi, rispetto a cui le indagini hanno disvelato l’esistenza di un canale privilegiato di approvvigionamento a San Marino, mentre le intercettazioni hanno fatto luce sulla funzionalità delle stesse a fronteggiare eventuali ulteriori conflitti con clan avversari che, negli scorsi anni, sono sfociati in una sanguinosa faida tra famiglie con oltre decine di morti.

In totale sono 86 le ordinanze cautelari che nel corso degli ultimi due anni sono state emesse per il reato di associazione mafiosa e volte a colpire sodalizi criminali attivi sul territorio della provincia di Potenza, a cui vanno aggiunti i recenti arresti eseguiti dopo l’esplosione di una bomba carta dinnanzi a un bar del capoluogo lucano. Si tratta, con tutta evidenza, di un segno tangibile dell’elevato grado di allarme che, in tutta la regione Basilicata, pervade il territorio e, al contempo, dell’incessante lavoro e impegno profuso dalla Autorità Giudiziaria nel contrasto alla criminalità organizzata, in maniera trasversale, su tutto il territorio lucano.

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