Lettura partecipata a Padula di “26. Tribute to the twenty-six dead woman” di Giancarlo Cavallo

Il 5 novembre 2017 al largo della Libia, morirono 26 donne con il tentativo di riuscire a raggiungere il nostro paese. Si era promesso che non sarebbe più successo, ed invece da allora sono migliaia le persone morte o disperse in quello che è diventato uno dei tratti di mare più letali del mondo.

Avevano tutte tra i 14 e 18 anni le ragazze morte nella strage di cinque anni fa, ed erano tutte di nazionalità nigeriana. Sono morte per annegamento e, secondo le prime ricostruzioni, avevano subito violenze in Libia prima di imbarcarsi verso l’Italia. I corpi delle donne arrivarono a Salerno sulla nave militare spagnola “La Cantabria” sul quale c’erano 375 migranti di cui 259 uomini, 116 donne, nove delle quali in avanzato stato di gravidanza.

Tutte senza un nome, tranne per le uniche due donne riconosciute: Shaka Mirian e Osaro Osato.

Osaro era incinta di due mesi, ancora troppo presto per sapere il sesso del feto, Shaka invece era incinta di 5 mesi e aspettava un maschietto.

La notizia lasciò tutti senza parole, lasciò ancora una volta tutti sgomentati di fronte alla perdita di vite umane in fuga
dai loro Paesi. 26 migranti, donne, tra i soggetti più vulnerabili in questa tratta senza fine di esseri umani,
dove è sempre più alto il numero di giovani donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale.

Padula omaggia le 26 donne morte nel Mediterraneo.

Presso il suggestivo Convento di San Francesco ieri pomeriggio è stata proposta, sotto forma di lettura partecipata, con il coinvolgimento diretto di 10 donne del Vallo di Diano, la lettura del libro di Giancarlo Cavallo accompagnato dai disegni di Emanuela D’Andria e dalla puntuale postfazione di Gianluca Paciucci, diventato libro della collana “fatamorgana” della Multimedia Edizioni, è intitolato 26. Tribute to twenty-six dead woman”Le loro voci sono state le voci di quelle giovani donne che cariche di sogni affrontarono il viaggio attraverso il deserto e il mare per giungere in Europa e costruire un futuro migliore.

L’evento promosso dalle Cooperative sociali L’Opera di un Altro e Tertium Millennium e dalla Casa della Poesia di Baronissi con Sergio Iagulli e Raffaella Marzano  è dedicato alle 26 donne morte nel Mediterraneo e sbarcate a Salerno il 5 novembre 2017 e con esse a tutte le vittime della tragedia immane dell’immigrazione.

L’autore ha deciso di far arrivare le poesie che ha scritto anche nel Vallo di Diano, per un motivo ben preciso, perché alcune donne sono sepolte nel Vallo di Diano: a Sala Consilina, Atena Lucana, Sassano, Montesano sulla Marcellana, a Polla. 

Il commento del Vescovo Mons. Antonio De Luca

Tutti gli sbarchi sono un’esperienza forte, tragica, ma quella del 5 novembre fu una particolare esperienza, si leggeva l’allarme negli occhi dei presenti, in quella giornata rimanemmo tutti senza parole. La cosa più tragica fu che alcune di quelle donne portavano in grembo un bambino. Quando un popolo, una nazione elimina la memoria, significa che è destinata a rivivere quelle tragedie. Ecco perché il ricordo attraverso queste poesie deve farci riflettere, alimentare la memoria di una strage che vorremmo non ritornasse mai più.”

Tra le partecipanti alla lettura rappresentanti della F.I.D.A.P.A BPW Italy sezione Montesano S/M Vallo di Diano, del Terzo Ordine Francescano, donne migranti accolte sul territorio, operatrici del terzo settore, rappresentanti del mondo dell’informazione e della scuola.

Intervista all’autore, Giancarlo Cavallo

– Quanto è importante il ricordo di queste donne, di questo dramma?

“Il ricordo è fondamentale, perché ha colpito molto le nostre comunità, molte di queste donne sono sepolte a Salerno ma anche nel Vallo di Diano, e quindi sono qualcosa che è ancora presente e quindi il ricordo va tenuto vivo, in vita, ma anche perché purtroppo queste tragedie sono l’attualità”

– Quanto è importante ricordarle soprattutto ora che il problema migranti sembra essere scoppiato nuovamente. E’ davvero un problema o solo una questione politica?

Assolutamente non è un problema. L’occidente ha delle gravissime responsabilità su questa emorragia di persone soprattutto giovani che hanno la speranza di poter vivere una vita migliore e fuggono da guerre che sono finanziate e volute dalle potenze occidentali. Noi abbiamo due doveri: quella di dover accogliere, salvare le persone che sono in pericolo e sarebbe un dovere quello di interrogarsi sulle cause di questa continua fuga soprattutto dai paesi africani e fare qualcosa di serio, un intervento strutturale in modo tale da far rimanere le persone nel loro luogo di nascita insieme alle loro famiglie.”

Intervista a Don Vincenzo Federico

– Quanto è importante l’accoglienza, il ricordo?

“La memoria. Ci aiuta a vivere meglio il presente, avendo a mente quello che è accaduto. Questa giornata vuol farci ricordare quando 26 donne giunsero vittime presso il porto di Salerno, alcuni di noi erano presenti. Abbiamo deciso, insieme ad alcune amministrazioni locali che alcune delle donne fossero sepolte anche nei nostri cimiteri, proprio per dimostrare che questo territorio è accogliente, mostra un volto aperto rispetto alle questioni fondamentali della vita che sono quelli delle migrazioni, dei popoli che si muovono, di chi cerca speranza, vita e non la morte.”

– Il Vallo di Diano. Qual è il suo ruolo nell’accoglienza?

“Questa esperienza è iniziata un po’ di anni fa. Già nel 2011 quando ci fu l’emergenza Nord Africa, quando si sconvolsero i fatti della Libia e quindi in Vallo di Diano ha sempre mostrato essendo terra di emigrazione, i nostri genitori, i nostri nonni, bisnonni, le nostre comunità sono vive e viva è la memoria di tutte quelle persone che andando via in cerca di fortuna, realizzazione della loro vita, hanno pienamente edificato e costruito, e oggi non possiamo dimenticare chi ci chiede di poter realizzare il desiderio della propria vita, quello di poter vivere in un territorio dove la libertà, la dignità sono riconosciute, il valore della persona è affermato. Non è solo una questione di accoglienza, ma anche di grande dignità.”

 

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