Sant’Arsenio, sul Monte Carmelo “amare” celebrazioni per il Patrono dei Forestali San Giovanni Gualberto

Anche nel Vallo di Diano, com’è tradizione il 12 Luglio, si è svolta una celebrazione religiosa in onore del Santo Patrono dei Forestali San Giovanni Gualberto.

 

 

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La cerimonia religiosa, officiata dal parroco di Sant’Arsenio don Antonio Breglia con il supporto di padre Marcello Trotta, dei Missionari Comboniani, si è svolta nella splendida location del Santuario della Vergine del Carmelo. Ad organizzare l’evento l’Associazione Nazionale Forestali, sezione di Salerno, rappresentata tra gli altri dal Presidente Luigi Fumo e dal Vicepresidente Carmelo D’Amico.

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Nonostante la bellezza del luogo e la solennità della celebrazione in onore di San Giovanni Gualberto, non è mancata l’amarezza espressa da parte dei membri dell’Associazione per il prossimo accorpamento della Guardia Forestale nell’Arma dei Carabinieri. Amarezza ben rappresentata dal libro “La Forestale Tradita” di Vincenzo Stabile, presentato dopo la cerimonia religiosa.

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Presente alla celebrazione religiosa una folta delegazione dell’Amministrazione Comunale di Sant’Arsenio, guidata dal sindaco Antonio Coiro, il sindaco di Polla Rocco Giuliano e da Beniamino Curcio, Dirigente del PNCVDA. Non ha voluto mancare all’appuntamento lo stesso Presidente del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni Tommaso Pellegrino.

Il Patrono celebrato dai forestali il 12 luglio di ogni anno in tutta Italia è San Giovanni Gualberto.
Il Santo patrono del Corpo visse intorno al Mille in Toscana, dove fondò numerosi monasteri tra cui quello di Vallombrosa, nei pressi di Firenze, considerato a ragione la culla della selvicoltura italiana.
san giovanni gualberto rid
San Giovanni Gualberto visse in un periodo particolarmente difficile per la Chiesa, tribolata da episodi di malcostume e oggetto di forti critiche da gruppi monastici che proclamavano la necessità di un ritorno a costumi morigerati. I valori che venivano propugnati da questi gruppi erano la povertà, l’eremitismo e la vita apostolica. La lotta antisimoniaca fu l’impegno più duro e sofferto per San Giovanni Gualberto che arrivò a denunciare pubblicamente l’elezione simoniaca dell’abate Oberto presso il monastero di San Miniato. Per tale episodio Giovanni abbandonò Firenze, onde evitare ritorsioni, alla ricerca di un monastero “dove si potesse servire il Cristo secondo la Regola di S. Benedetto”. Conobbe un lungo periodo di peregrinazioni tra Emilia e Toscana fino a quando non tornò in Toscana ed iniziò il duro lavoro di costituire le prime comunità cenobitiche, prima a Camaldoli e poi a Vallombrosa.

Numerosi sono gli episodi tramandati dai cronisti dell’epoca che ricordano gli insegnamenti ed i segni divini che attraversarono la vita del Santo. Ciò che colpisce in Giovanni, però, sono due aspetti che acquistano particolare significato ai giorni nostri, caratterizzati dalla sfrenata corsa al successo ed al consumo: l’osservanza della povertà ed il lavoro manuale. L’abbandono dei beni materiali, la scelta di una vita di meditazione ed austerità erano accompagnate dal continuo prodigarsi per aiutare gli altri. I monaci vallombrosani furono attivi ed instancabili nei lavori più umili e faticosi, senza risparmiarsi. Attraverso il lavoro, infatti, essi ritenevano di raggiungere e vivere con pienezza la propria condizione di monaco.

A seguito dell’editto di Costantino del 313 d. C. con il quale l’Imperatore riconosceva a chiunque il pieno diritto di professare la religione cristiana e poneva ufficialmente termine alle persecuzioni, furono i soldati romani, per primi, a fare proprio il concetto cristiano dell’amore ed ad affidarsi alle cure ed all’intercessione dei Santi patroni. Da allora questa tradizione si è evoluta ed è stata mantenuta fino ai giorni nostri, dove ogni arma o corpo dell’Esercito venera il proprio Patrono.

Per i forestali, da sempre custodi e difensori dei boschi e della natura, la scelta è ricaduta su San Giovanni Gaulberto, poiché, come ricordato nella proclamazione ufficiale del 1951, egli “vivendo assiduo alla preghiera e all’esercizio della penitenza in una solitaria e silenziosa foresta dell’Appennino toscano, molto si dedicò insieme ai suoi monaci alla coltura dei boschi”.

Bibliografia (Compagnoni G. M. , 2000: “Attraverso le regioni forestali d’Italia”, Fondazione S. Giovanni Gaulberto, Edizioni Vallombrosa – pag. 7-49)

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