Mons. Antonio De Luca: “una Pasqua diversa ma per nulla menomata nella sua grazia”

La crisi coronavirus ha messo in luce il bisogno di restare dentro confini, quelli di casa. Si tratta di limiti da rispettare per attuare la solidarietà e la responsabilità nei confronti della salute collettiva. È innegabile che il restare circoscritti in casa per più giorni comincia a pesare. Tuttavia, è l’unica garanzia per controllare la pandemia e bloccare il contagio. In questo periodo di emergenza ed in prossimità delle celebrazioni della Settimana Santa, che sicuramente saranno celebrate in maniera diversa è intervenuto il vescovo della Diocesi di Teggiano-Policastro, mons. Antonio De Luca.

“Esistono confini positivi che vanno rafforzati, soprattutto quando la persona avverte il rischio di un decadimento di umanità o anche di intelligenza. Un argine è necessario: alla collera, alla voglia spasmodica di potere, al rischio della selezione, all’ambizione dei primi posti e a quella sempre crescente sete di visibilità che trova nella rete il più grande palcoscenico.Abbiamo bisogno di limiti, per irrobustire la dignità di ogni persona, l’etica nella comunicazione, la correttezza nel discernimento.Occorre constatare – afferma Padre Antonio – che esistono anche confini che non tengono: il coronavirus ha invaso la mondialità senza alcun riguardo ai limiti geografici.

Altrettanto contagiosa deve esser la solidarietà, abbattendo tutte le forme discriminatorie nei confronti delle diversità, delle minoranze etniche, delle differenze di genere e di religione. Non dobbiamo nasconderlo: è sempre più insidiosa la suggestione nefasta di credere che per difendere patrimoni identitari, religiosi o tradizionali, serve edificare muri insormontabili che finiscono poi per isolarci invece che difenderci. Nella solitudine nefasta – continua – si avviano processi di lacerazione e di decomposizione che toccano anche ciò che si riteneva più duraturo e più inattaccabile. Di fronte a tante e tali barriere è importante accogliere la sfida di aprire brecce, rimuovendo i grossi macigni dell’indifferenza, dell’individualismo e della saccente superiorità. Brecce nei bastioni dell’abitudinarietà, per imparare a leggere e dare nome a fatti nuovi, episodi inediti che, per quanto sconcertanti, sono forieri di nuovi moniti, di nuove opportunità e di generosi coinvolgimenti umani.Ciò che i confini devono arginare non sono persone o storie, quanto mediocrità, indifferenza, paure dell’altro, chiusure al sapere, vuoto di senso, cinismo di fronte alla sofferenza altrui.

Siamo ormai vicini alla Pasqua di Resurrezione, quest’anno senz’altro diversa e singolare, ma per nulla menomata nella sua grazia. Mi piace guardarla fin da ora con le parole di Erri De Luca: «sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi operatori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri ad ogni costo, atleti della parola pace». Far Pasqua significa, più di ogni altra cosa, superare la paurosa incapacità di guardare oltre! Vi benedico nell’affetto del Redentore. Oggi – conclude – una speciale preghiera di suffragio per quanti hanno perso la vita in questo doloroso contagio.

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