Tifoso investito ed ucciso nel potentino: 4 ai domiciliari. Nella chat degli ultras prima dell’agguato: “Andiamo a fare Nassirya”
di Federica Pistone · 27/07/2020
Vasta operazione della Polizia di Stato, coordinata dalla Procura della Repubblica di Potenza, per l’esecuzione di 16 misure cautelari nei confronti di tifosi coinvolti nell’aggressione ai tifosi della squadra di calcio del Melfi del 19 gennaio scorso, nel corso della quale fu investito e ucciso, Fabio Tucciariello, supporter della Vultur Rionero. Quattro le persone finite ai domiciliari e 12 con obbligo di dimora. Per quei gravi fatti gli investigatori della Squadra Mobile e della Digos, arrestarono nell’immediatezza 26 ultras. Successivamente, spiega in una nota il Procuratore capo di Potenza Francesco Curcio, si è sviluppata una complessa attività di indagine comprensiva di attività di ricerca di prove scientifiche come la raccolta di campioni biologici, prove digitali ed anche analisi informatica dei telefoni cellulari sequestrati, intercettazioni telefoniche e monitoraggio dei siti informatici. Attività che ha portato ad individuare altre persone coinvolte nella brutale aggressione e di accertare, a livello di gravità giudiziaria, la premeditazione dell’azione, che nelle intenzioni degli autori doveva avere la finalità di una vera e propria imboscata. Ciò innanzitutto-sottolinea la Procura- per la scelta del luogo dove avvennero gli scontri: la stazione di Vaglio Basilicata, che si trovava lungo il percorso che necessariamente avrebbero dovuto fare le due tifoserie ed era soprattutto idonea per un’azione a sorpresa e per la successiva fuga. In secondo luogo, per essersi travisati ancora prima dell’arrivo delle auto della tifoseria “nemica” come si è appurato grazie alle testimonianze di persone che poco prima dell’evento erano passate nei pressi della stazione di Vaglio. In terzo luogo, nelle chat di gruppo dei tifosi sotto indagine, sono emerse espressioni del tipo: “andiamo a fare Nassirya” (città dell’Iraq in cui il 12 novembre 2003, persero la vita 12 Carabinieri, 5 militari dell’Esercito italiano, un cooperatore internazionale e un regista, vittime di un attentato che uccise anche 9 iracheni e provoca 58 feriti ndr). Per gli inquirenti questo riferimento oltre ad essere indice di odio e di intendimenti violenti è un chiaro segno di premeditazione di un’azione organizzata con stile para-militare, vale a dire appostamento in un luogo adatto e prossimo alla direttrice di marcia del “nemico” per attenderlo e poi attaccarlo di sorpresa.