Uova “alla Fipronil” e la proposta dei piccoli allevamenti del Vallo di Diano: “Allargare il raggio della regione di produzione”

La vicenda delle uova alla Fipronil – che ha toccato anche il Vallo di Diano – non ha comportato conseguenze fisiche per i consumatori ma ha provocato situazioni complicate (come nel caso dell’azienda di stoccaggio di Atena Lucana) e fatto emergere il tema della commercializzazione “artigianale” delle uova. Anche questo tema caldo nel Vallo di Diano.

Per quanto riguarda questo ultimo concetto, potrebbe partire dal Vallo di Diano la “battaglia” dell’allargamento della “regione di produzione”. Ovvero: gli allevamenti non industriali possono vendere le proprie uova nel raggio di dieci chilometri. Nel Vallo di Diano, ad esempio, un allevamento artigianale è a Montesano sulla Marcellana. E considerata la grandezza dell’area del comune, i 10 chilometri di raggio sono davvero pochi per poter vendere la merce prodotta. Da qui l’idea – già messa in atto in Toscana – che il mercato si possa allargare quanto meno all’intera provincia di appartenenza.

Per quanto riguarda, invece, la società di imballaggio di Atena Lucana che aveva ricevuto le 50mila uova a rischio contaminazione, anche in questo caso arrivano chiarimenti da parte dei titolari che non hanno avuto alcuna responsabilità sulla vicenda (il prodotto arrivava da Sant’Anastasia). E anzi grazie alla meticolosità e all’attenzione nel registrare le “vie delle uova” non si è corso alcun pericolo. Questo lo si evince anche dalla ricostruzione dei medici veterinari dell’Asl Salerno.  Nel pomeriggio del 23 agosto il direttore di Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche Giuseppe Fornino viene a conoscenza della non conformità, per la presenza al loro interno di Fipronil, di un lotto di 51.588 uova provenienti da Sant’Anastasia  consegnato il 21 agosto un deposito di Atena Lucana. Immediatamente viene organizzato un’ispezione nell’opificio del comune salernitano, dove i medici veterinari dell’Asl di Salerno sequestrano 31.788 uova e constatano che circa 20mila uova erano state ulteriormente distribuite. Grazie alla collaborazione del titolare dell’azienda di Atena Lucana e alla competenza dei medici veterinari è stata ricostruita la tracciabilità a valle delle uova compromesse e compilata la lista con tutti i destinatari. Ovvero le uova erano già state distribuite in ben 38 tra pasticcerie, gelaterie, panifici, negozi alimentari siti nel distretto sanitario di Sala Consilina e Sapri. Non solo: dalle ulteriori ispezioni eseguite è stato rinvenuto che alcune uova contaminate erano giunte anche in un deposito di Castel San Giorgio. Nella fattispecie il quantitativo ammontava a 5.760 uova, non ancora poste in commercio e subito bloccate dal Servizio veterinario del distretto di Nocera.

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