Autismo: l’estate difficile delle famiglie nel territorio. Pochi centri estivi e lidi attrezzati

Il caldo può incrementare lo stress psicofisico nei bambini autistici, se a questo poi aggiungiamo il fatto che la maggior parte degli operatori dei centri di assistenza vanno in vacanza, il disagio non può che aumentare. Piscine, camping, lidi nella stragrande maggioranza dei casi non risultano essere attrezzati né organizzati per poter rispondere a questo tipo di esigenze, ed è così che l’estate per un bambino autistico e la sua famiglia diventa il periodo dell’anno più complesso.

“Qui in zona non conosco piscine e lidi “Autism friendly” mi racconta la mamma di Andrea (nome di fanatasia), bambino con spettro autistico. Così che la scuola, nei territori specialmente dell’entroterra alburnino e cilentano, soggetto ad una scarsa viabilità, diventa l’unica ancora di salvezza in questi casi.

Pure le terapie fatte da assistenti specializzati, durante il periodo scolastico, sembrano comunque non bastare e colmano solo in parte l’enorme bisogno di cui un bambino autistico che necessita nell’essere seguito durante le pratiche basilari di vita.

Chiedo allora alla mamma di Andrea (nome di fantasia) -madre lavoratrice- qual è la sua giornata tipo in estate, “La maggior parte della giornata mio figlio la passa a casa, fortunatamente non mi allontano per lavorare, per cui posso stare con lui. Dopo aver finito il lavoro usciamo per una pizza o un gelato”.

L’unica eccezione a queste giornate che fanno parte di una routine oramai consolidata nel tempo sono le terapie fatte tre volte a settimana in un centro che dista non pochi Km da dove vive la famiglia del bambino. Eppure anche i piccoli centri del territorio si sono attrezzati per i campi scuola estivi per bambini, quello che manca però è il personale adatto a gestire bambini autistici.

Il problema c’è ma resta invisibile, sottaciuto, forse perché come ci racconta la mamma di Andrea. “Bambini diversamente abili nel territorio sono in numero esiguo, motivo per cui forse c’è scarso interesse nel farsi carico della situazione” .

Fondamentale potrebbe essere la figura di un educatore all’interno di realtà-campi scuola, colonie- aperte a tutti i bambini e che possa dedicarsi, in un rapporto uno a uno, al bambino autistico.  “Anche perché Andrea, può svolgere qualsiasi attività che viene svolta dagli altri, ma ovviamente con maggiore controllo” conferma la mamma.

Talia Mottola

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