Le inchieste sul petrolio in Basilicata e l’incidente dell’autocisterna ad Atena Lucana: un dubbio da sciogliere

Le inchieste sul petrolio in Basilicata riguardano il Vallo di Diano. E’ ormaia certo. E questo per molteplici motivi. Innanzitutto, ovvio, per i quattro indagati valdianesi coinvolti a vario titolo e per varie ipotesi di reati in entrambi i filoni dell’inchiesta. Ovvero sia quello che riguarda lo stoccaggio dei rifiuti petroliferi del Centro Oli di Viggiano e quindi l’Eni sia quello che riguarda gli affari di Tempa Rossa a Corleto Perticara (Total) che hanno portato le dimissioni della ministro Guidi (con il già citato ruolo centrale di un imprenditore di Polla). Ma deve interessare anche per la vicinanza fisica e di interessi tra territori, per il futuro del comprensorio valdianese in merito alla possibilità e alle richieste di poter effettuare trivellazioni e continuare a discutere – come fatto in realtà finora – in modo costruttivo. Ma deve interessare anche per episodi avvenuti nel nostro territorio in passato. In particolar modo uno: cioè quello che avvenne ad Atena Lucana quando lungo la strada che collega il Vallo di Diana con la Basilicata si cappottò un’autocisterna contenente acque reflue del centro oli. Era il luglio dell’anno scorso. All’epoca – dopo la bonifica del tratto di strada – per alcuni giorni rimase “parcheggiato” nei pressi del luogo dell’incidente un container con i residui di quanto raccolto. E sia il consigliere Francesco Manzolillo che l’Amministrazione di Atena Lucana presentarono degli esposti per capire cosa fosse avvenuto e cosa contenesse quell’acqua reflua. Alla luce delle recenti indagini e in assenza di risposte, il dubbio e il timore restano. E il Vallo di Diano ancora una volta non può non considerare che quanto avviene a pochi chilometri di distanza non coinvolga il comprensorio solo perché si tratta di un’altra regione.

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